Tab Article
"Vi è una quiete sospesa quando l'ultima luce scende fra le mura verdi del Giardino. Sospeso è il tempo raccontato dalle sue forme, l'ordine delle geometrie volute dalle mani che le hanno plasmate. Eppure nulla è fermo. Il Giardino muta silenziosamente, accresce la sua materia vivente, affonda le sue radici in un humus fatto di terra e di tempo, di genio, di bellezza, di cura infinita. Tutto evolve e cambia, ma non il rigore delle leggi naturali che regolano quel ciclo perenne di vita e di morte che quotidianamente anche qui accade e che alla vita richiama altro germe per continuare a costruire. È l'ancestrale conflitto ed equilibrio tra un ordine voluto e perseguito e la forza creatrice ed evolutiva che nel mondo naturale governa ogni processo. È così, con queste radici, che il Giardino di Boboli accoglie le opere di Helidon Xhixha. Sono opere che hanno il dono dell'accoglienza: sono prato, albero, squarcio di azzurro, sono l'uomo che le osserva, la luce mutevole di ogni ora del giorno, il buio pulsante della notte del Giardino, dove tutto continua mentre, intorno, il resto riposa. Diventano occhi di pietra e di foglia. La materia, così, che sia quella vivente e legnosa di un albero o inerte dell'acciaio, non segna più soltanto lo spazio fisico di un confine, ma si fa orizzonte, oltre cui c'è ancora infinito spazio di creazione. Ed ogni atto di questa creazione diventa un canto perenne e corale, all'Uomo, alla Natura, e a tutte le loro stagioni. (Bianca Maria Landi, curatore del Patrimonio Botanico Coordinatore del Giardino di Boboli)